Toscana: storia di uno dei paesaggi più iconici d’Italia
Quando si pensa alla Toscana, il pensiero corre a un panorama verde e ricco di colori, fatto di colline punteggiate da borghi medievali e orlate di cipressi.
Che cosa sarebbe la Toscana se in ragione di un odioso maleficio sparissero tutti i cipressi? Sarebbe molto, molto, meno di quella che è. Sarebbe come togliere a un piatto raffinato un ingrediente fondamentale.
Seppur non sia una pianta originaria della Toscana, la sua diffusione nel paesaggio è testimonianza di tradizioni antiche e ancora vive, legate alla sua funzione simbolica e alle diverse forme di utilizzo che rende impossibile rinunciare a questa pianta profondamente legata alla vita e al lavoro della sua gente.
Il cipresso non è mai cresciuto spontaneamente nelle nostre regioni ma arriva dall’antica Persia, dove veniva usato come pianta ornamentale nei giardini e nelle ville. Furono i Greci e i Fenici ad importarlo in Italia e gli Etruschi continuarono a piantarli per tutto il territorio della Toscana. Già in questo periodo aveva un significato simbolico ambivalente di pianta della vita e della morte. Nelle città persiane e greche i cipressi avevano un valore simbolico, un collegamento con il cielo e con gli dei forse, tanto che gli antichi egizi lo utilizzavano per costruire i sarcofagi e forse, proprio per questo motivo Etruschi e Romani hanno iniziato a collegare queste piante all’al di là, attribuendogli un significato funereo.
I Persiani vi coglievano l’immagine evocatrice della fiamma e del fuoco e quindi della vita e dell’immortalità.
I Greci lo consacrarono a Plutone, dio dell’oltretomba, ma lo considerarono anche simbolo di fertilità.
I Romani, per la forma pura ed essenziale della chioma che si staglia verso il cielo e perché la sua resina profumata copriva l’odore che emanava dai tumuli, lo consideravano come albero funebre che trasmetteva sacralità e donava ombra e senso di pace nei luoghi di culto e nei cimiteri.
Etruschi e Romani lo apprezzavano anche come elemento di arredo di ville, giardini, viali e monumenti. In virtù della sua longevità, veniva usato come segnale di confine tra fondi adiacenti. Secondo la Bibbia poi anche l’arca di Noè e la croce di Cristo fossero state costruite con legno di cipresso. Per i giudei prima, e per i cristiani, dopo, il cipresso era simbolo dieternità. E quest’aura di “santità” li ha accompagnati nel Medio Evo quando queste piante eleganti e forti, accompagnavano la vita nei monasteri e servivano da barriera frangivento, per delimitare lo spazio sacro da quello laico.
Dal ‘400 le famiglie nobili ripresero a piantarlo nei giardini e nelle loro proprietà. Esemplari isolati o in piccoli nuclei, sistemati in prossimità di ville, chiese, ostelli o incroci di strade, servirono da punto di riferimento per i viandanti e con il suo legno furono costruiti infissi e mobili. Da allora le sagome inconfondibili, lunghe e affusolate, sono una presenza diffusa in ogni angolo della Toscana, caratterizzando soprattutto i paesaggi che si incontrano lungo le strade che da Firenze portano a Siena e fino al confine con il Lazio, abbracciando il Chianti, le Crete Senesi e la Val d’Orcia: colline dall’andamento dolce simili a dune, campi di grano in cui il giallo ocra è rotto dai filari di cipressi, sinuose vigne che si mescolano ai girasoli e affiorano dal grigio che i sentieri in terra battuta decorano come fossero una cornice.